Questa volta l'ho fatta fuori dal vaso
E dovrei scusarmene, perché rischio di essere giornalisticamente morto
Ogni giorno c'è qualcuno che mi seguiva (o così sostiene) che si dice deluso da qualche cosa che ho detto, qualche posizione che ho espresso o addirittura qualche ricostruzione che ho fatto.
"L'hai fatta fuori dal vaso", grazie a dio, è un commento che ricevo tutti i giorni.
Letteralmente tutti i giorni, più volte al giorno.
Forse chi lo scrive pensa di essere originale e intelligente, ma visto da questa prospettiva vi assicuro che ha un effetto ridicolo. Fa ridere, perché svela che chi è dall’altra parte si aspetta davvero che tu gli dia sempre ragione, e non si rende conto che neppure se volessi farlo lo potresti fare, visto che non c’è solo lui, ma centinaia di migliaia di persone.
Insomma, si capisce che chi lo scrive pensa di essere il centro del mondo, e pensa che gli altri facciano le cose per lui.
Poi ci sono quelli ancora più frustrati, che sanno di non contare nulla neppure su internet, e colti da immensa frustrazione, mentre stanno per scoppiare di rabbia a causa di qualcosa che hai detto con cui non sono d’accordo, si chiedono come possono portare l’attacco al livello successivo.
E di solito se ne escono con un “stavo per abbonarmi!!!! ma adesso che l’hai fatta fuori dal vaso non lo faccio più!!!”.
Ora, non vorrei dare troppa importanza a questi individui disgraziati, ma il fenomeno nel suo complesso va analizzato, perché è importante.
Prima di tutto c’è da dire una cosa.
Per quanto frasi del genere provengano da individui con bassissime doti intellettive, queste manifestazioni sono attestati di stima, pietre miliari che cristallizzano la mia professionalità e assoluta superiorità su questa piattaforma.
Io dico quello che ritengo giusto dire, e a chi non piace consiglio caldamente di smettere di seguirmi.
Là fuori troverà infiniti "influencer", che si spacciano per "analisti" e "giornalisti", pronti a vendergli un pacchetto ben confezionato di idee e commenti a loro più affini, attenti a non deluderli mai per preservare la propria vacchetta da mungere.
Io non ho bisogno di creare sette, perché vendo roba talmente buona che posso permettermi di dirti che se non la vuoi la puoi lasciare sul bancone.
Tanto la venderò comunque.
Ma questo ci porta alla seconda considerazione: le sette di YouTube.
Se non sei in grado di produrre una cosa talmente buona che sai che la “venderai” in ogni caso - e la quasi totalità di chi fa contenuti su YouTube non è in grado di farlo - l’unico modo di sopravvivere è quello di fondare una setta.
E infatti, c’è la setta dell’analista che spaccia lauree false senza che nessuno gliene chieda mai conto, contraddicendosi costantemente senza che nessuno lo corregga mai o lo metta mai in discussione.
C’è la setta della vaiassa borgatara che dice tutto e il contrario di tutto, sbagliando per ignoranza crassa ogni attribuzione di causa-effetto senza che nessuno se ne accorga o le contesti mai una qualsiasi delle sue strilla agita popolo.
C'è un setta per ognuno. Dove l’unica cosa che conta è muoversi nello spazio delle opinioni al ritmo lento delle ondate del popolo. E, com’è noto, il popolo si sposta per le emozioni, non è razionale, si contraddice, si muove come le maree.
E seguirlo, è facile, soprattutto se ne sei parte.
La setta permette ai mediocri di cavarsi uno stipendio, in un sistema in cui se dovessero essere valutati per le loro capacità mendicherebbero per strada.
Per il capo-setta la setta è una cosa buona, per il seguace è una macchina mangia soldi e pesta-cervello. Ma in fondo il seguace è contento, lasciamolo lì dove sta.
Ma cacciamolo da qui.