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Un pensiero razionale contro la stupidità del nazionalismo cieco

Da un punto di vista razionale, il Manifesto mostra che la guerra non è un evento inevitabile, ma il risultato di scelte politiche basate su egoismo, avidità e mancanza di visione. La creazione di istituzioni sovranazionali, come poi è stata l’Unione Europea, serve proprio a rompere questo ciclo.

Ovviamente, il Manifesto non è perfetto e la sua visione idealistica ha incontrato molti ostacoli nella realtà. Ma il suo principio di base resta valido: se l'umanità vuole evitare guerre, deve superare la logica dello Stato nazionale come entità suprema e sostituirla con un sistema di cooperazione più alto.

Quindi sì, il Manifesto di Ventotene è una risposta chiara alla stupidità dell’uomo che ripete gli stessi errori e si autodistrugge per avidità e potere. È un tentativo di uscire da questa spirale attraverso la ragione e la cooperazione

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Quando il disprezzo supera la capacità di analisi, succede esattamente quello che hai scritto tu: si costruisce una caricatura ideologica di un documento complesso come il Manifesto di Ventotene, lo si traveste da incubo totalitario e si grida alla “piovra europea” con lo stesso tono con cui si urlava agli “ebrei usurai” o ai “comunisti mangiabambini”.

Il Manifesto non definisce gli Stati nazionali come “il male assoluto”, ma evidenzia come il nazionalismo assolutista, quando lo Stato si considera l’unico centro di potere legittimo, diventa un elemento scatenante della guerra. Lo dimostrano due guerre mondiali in meno di 30 anni, nate proprio da quello spirito: espansionismo, rivalità tra potenze, razzismo, colonialismo.

Non propone di “svuotare” le nazioni, ma di trasferire parte della sovranità a un livello più alto, dove i problemi globali possano essere affrontati collettivamente. Non è la creazione di un "super-Stato oppressivo", ma una struttura in cui le decisioni comuni su temi come la pace, l’economia, i diritti siano condivise — non imposte da singole nazioni che agiscono per interesse proprio fregandosene delle conseguenze globali.

Il paragone “è solo una nazione più grande” è falso e mal posto. Una federazione non è una nazione unica, è un sistema in cui i poteri si dividono in base ai livelli: come gli Stati Uniti d’America o la Germania federale. Le identità locali restano, ma si superano gli egoismi che portano ai conflitti. È esattamente il contrario di una “piovra metastatica”: è cooperazione per evitare che le metastasi si generino, come è successo nel passato.

Parli del reddito di cittadinanza e dell’abolizione della proprietà privata citando a caso e senza capire il contesto. Il Manifesto propone riforme economiche profonde per evitare che la libertà sia un privilegio solo dei ricchi e che intere masse restino schiave della povertà anche in tempi di abbondanza produttiva. È il tentativo di portare giustizia sociale in un mondo devastato da crisi e disuguaglianze. Se questa per te è “una cazzata”, prova a spiegare allora perché nei Paesi con più equità si vive meglio, più a lungo, e con meno conflitti.

Quanto alla critica sull’anti-militarismo: il Manifesto rifiuta la guerra come strumento politico, ma non è pacifismo ingenuo. Proprio perché si oppone a regimi violenti, difende l’idea che un’Europa unita possa prevenire la necessità stessa degli armamenti. Chi oggi spende miliardi in armi lo fa (a torto o a ragione) in un contesto in cui l’unità europea è ancora fragile e la minaccia esterna concreta. Lo squilibrio non è nel Manifesto, ma nella realtà che non è ancora riuscita a realizzarlo pienamente.

E infine, chi chiude un discorso con insulti come “feccia” e “cialtroni” non sta difendendo un’idea: sta solo vomitando odio. Se devi usare questo linguaggio, hai già perso. Perché la forza delle idee non si impone con la bava alla bocca, ma con la coerenza, la visione, e la volontà di costruire. Il Manifesto di Ventotene ne aveva da vendere. E infatti ha contribuito a costruire un progetto di pace duratura dopo secoli di guerra.

Può essere criticato, certo. Ma per criticarlo serve conoscenza, non slogan da bar.

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